Eccoci arrivati al quinto ed ultimo articolo di questa breve serie sugli assiomi della comunicazione!
Tra gli assiomi elaborati da Watzlawick, Beavin e Jackson nel testo “Pragmatica della comunicazione umana”, ritengo che il quinto sia uno dei più complessi, ricchi di significati e di risvolti relazionali. Proviamo ad esplorarlo insieme, partendo da alcuni esempi.
Esempio 1
- Responsabile (R): “Non importa quante risorse comporterà, lei deve concludere il progetto entro la prossima settimana!”
- Lavoratore (L): “I tempi sono troppo stretti, se vogliamo farcela ho bisogno di altre risorse. Il fallimento non sarà solo mio, ma di entrambi!”
- Mamma (M): “Non possiamo comprare questo zainetto, è troppo costoso. Scegline un altro, per favore!”
- Figlia (F): “Io voglio questo, non ne voglio un altro! Io voglio solo questo!”
Esempio 2
- (R): “Non importa quante risorse comporterà, lei deve concludere il progetto entro la prossima settimana!”
- (L): “Farò il possibile.”
- (M): “Non possiamo comprare questo zainetto, è troppo costoso. Scegline un altro, per favore!”
- (F): “Questo giallo va bene?”
In questi due esempi le dinamiche comunicative sono molto differenti e così lo sarà anche lo sviluppo del momento comunicativo, influenzando inevitabilmente la relazione tra le diverse figure comunicanti. Il quinto assioma ci aiuta a comprendere le sfaccettature e le posizioni relazionali all’interno e attraverso le quali si sviluppano le comunicazioni. Ci consente, inoltre, di ipotizzare possibili scenari evolutivi e rischi verso i quali la relazione si potrebbe affacciare.
Il quinto assioma della comunicazione ci dice che “Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza. L’interazione simmetrica è caratterizzata dall’uguaglianza, in questo caso si rispecchia il comportamento dell’altro. Il processo opposto contraddistingue l’interazione complementare, basata sulla differenza in cui si hanno due diverse posizioni, one-up (superiore) – one-down (inferiore), in cui il comportamento di uno tende a completare quello dell’altro”.
Nelle dinamiche di relazione simmetrica, quindi, i due interlocutori tenderanno ad utilizzare la stessa impostazione comunicativa, sia essa di disponibilità, di aggressività (rappresentata attraverso l’esempio 1), di forza o di debolezza, seguendo un criterio di somiglianza. Nelle dinamiche di relazione complementare, invece, i due interlocutori tenderanno, attraverso i loro comportamenti comunicativi, a completarsi seguendo un criterio di differenza: alla perentorietà del primo potrebbe corrispondere la sottomissione del secondo (come nell’esempio 2), alla debolezza del primo potrebbe corrispondere l’accoglienza o il supporto del secondo.
Non esiste una modalità positiva o negativa, funzionale o disfunzionale a prescindere, si tratta di dinamiche che si instaurano nel tempo o che nascono da attribuzioni legate a ruoli riconosciuti socialmente o, ancora, a delle caratteristiche degli interlocutori (es. responsabile-lavoratore, genitore-figlio, marito-moglie, due amici, …). Quando all’interno di queste dinamiche entrambi gli interlocutori legittimano il ruolo e il posizionamento dell’altro, la relazione acquisisce generalmente dei risvolti positivi e funzionali.
D’altro canto, potrebbe capitare, nell’evoluzione naturale delle dinamiche relazionali, che il proprio o l’altrui posizionamento non venga legittimato e che quindi il ruolo agito nella relazione non corrisponda alle aspettative o alle richieste dell’altro. Questo potrebbe generare nei due interlocutori tensioni o conflitti che hanno come obiettivo la modifica o il rinforzo eccessivo della dinamica relazionale in atto, ad esempio in un’ottica di predominio sull’altro nel caso della simmetria, di ostentazione di uguaglianza o di maggiore evidenziazione della differenza nel caso della complementarietà.
Come negli articoli precedenti, desidero sottolineare alcune importanti implicazioni.
La prima implicazione riguarda l’importanza di individuare il proprio e l’altrui ruolo nella relazione. Esistono, infatti, relazioni socialmente riconosciute all’interno delle quali si generano aspettative di ruolo che influenzano le modalità di posizionamentoo addirittura in alcuni casi le richiedono. Il secondo esempio ci è utile per comprendere questa implicazione: tra responsabile e collaboratore esiste generalmente un’aspettativa relazionale in funzione della gerarchia che fa presupporre che la dinamica tra i due ruoli debba essere complementare, così come tra una mamma e la sua bambina. Allo stesso modo potrebbe emergere l’aspettativa che tra due coniugi o tra due amici si instauri una simmetria. Le domande che ci potremmo porre in questo caso sono: “qual è il mio ruolo nella relazione?” e “quali aspettative di ruolo potrebbero essere presenti ed influenzare la relazione tra me e l’altro?”.
La seconda implicazione evidenzia la relazione tra il comportamento di ruolo agito e l’impostazione della dinamica comunicativa. Sebbene esistano delle aspettative di ruolo socialmente riconosciute, che caratterizzano le relazioni di cui potremmo fare parte, è altresì vero che non sempre i comportamenti agiti dai due interlocutori rispecchiano le aspettative di comportamento riflesse su di essi. Di per sé ciò non comporta necessariamente una disfunzionalità relazionale, a patto che entrambi gli interlocutori abbiano ben chiaro il loro ruolo agito nella relazione e riconoscano, legittimandolo, quello dell’altro. Potrebbe invece generarsi una situazione di tensione o conflitto nel momento in cui uno o entrambi gli interlocutori si trovassero in una condizione di delegittimazione da parte dell’altro. Alcune domande di riflessione potrebbero essere: “qual è la dinamica che stiamo agendo nella nostra relazione?”, “è una dinamica condivisa e legittimata?” e “mi riconosco in questa dinamica relazionale?”
La terza implicazione ci aiuta a porre attenzione alla coerenza tra gli obiettivi che ci siamo posti e l’evoluzione delle dinamiche relazionali, in un’ottica soprattutto disfunzionale. L’evoluzione di una dinamica relazionale può essere paragonata ad una danza, attraverso la quale i due ballerini co-costruiscono i passi e i movimenti messi in atto. È, però, possibile che nell’evoluzione naturale della situazione, per motivi che possono riguardare la relazione stessa o cambiamenti inevitabili in uno o entrambi i protagonisti, ad un certo punto della danza i ballerini non si riconoscano più nei passi messi in scena. Potrebbero in questo caso verificarsi situazioni di tensione o conflitto che potrebbero influenzare negativamente la relazione. Ecco alcune domande che ci potremmo porre: “cosa sto cercando di ottenere in questo momento?”, “è questa la danza che voglio mettere in scena?”, “la danza che sto proponendo è coerente con ciò che sto cercando di ottenere?”
La quarta ed ultima implicazione ci ricorda che è necessario mantenere una buona flessibilità relazionale e sapersi muovere con fluidità e attenzione all’interno delle dinamiche che esplicita il quinto assioma della comunicazione. Per quanto una dinamica relazionale possa essere ben definita e chiara, ciò non significa che debba essere statica e monolitica. Una relazione di simmetria può essere considerata efficace e funzionale anche se in alcuni momenti della relazione si agiscono delle situazioni di complementarietà relazionale e viceversa una relazione complementare non esclude a priori momenti di simmetria relazionale. Ciò non squalifica o preclude in ottica futura la natura della relazione a prescindere, ma anzi potrebbe rinforzarla. Si rivela, quindi, necessario acquisire una buona consapevolezza delle relazioni che si stanno vivendo e delle dinamiche che le caratterizzano al fine di poter scegliere il comportamento più efficace in quella specifica situazione o momento relazionale. Alcune domande di riflessione potrebbero essere: “all’interno della nostra dinamica relazionale, quale comportamento relazionale è più funzionale in questo momento?” e “quale effetto potrebbero avere dei comportamenti divergenti rispetto alla dinamica relazionale?”.
Riassumendo, alcuni suggerimenti utili per migliorare le proprie competenze comunicative, allenarsi ad acquisire consapevolezza e gestire positivamente il quinto assioma:
- Chiediti sempre qual è il tuo ruolo all’interno delle relazioni di cui sei parte;
- Cerca di comprendere quali sono le aspettative di ruolo, tue e dei tuoi interlocutori e chiediti se ti fanno stare bene;
- Domandati se il comportamento relazionale che stai agendo è funzionale oppure no al raggiungimento dei tuoi obiettivi e di quelli della relazione;
- Prova ad introdurre, senza temerla, maggiore flessibilità nella relazione attraverso piccoli comportamenti divergenti, evitando che la dinamica relazionale diventi statica, rischiando di incorrere in tensioni e conflitti.
Se hai voglia di raccontarci le tue esperienze con il quinto assioma della comunicazione, scrivile nei commenti oppure a info@cm-consulenza.com, ci faremo carico di trasformarle in un futuro articolo o in una PMQ, affinché la tua storia, che proteggeremo garantendoti la massima riservatezza e tutela della privacy, possa diventare uno strumento utile per tutti.
Se invece senti il bisogno di migliorare le tue competenze comunicative o relazionali, personali o professionali, scrivici a info@cm-consulenza.com, potremo proporti diversi percorsi di approfondimento e sviluppo.
A presto!
Se sei interessato ad un approfondimento leggi anche:
- Il primo assioma: https://www.cm-consulenza.com/blog/2020/07/24/cosa-ce-nel-tuo-zainetto/
- Il secondo assioma: https://www.cm-consulenza.com/blog/2020/08/08/di-cosa-stiamo-parlando/
- Il terzo assioma: https://www.cm-consulenza.com/blog/2020/09/11/qual-e-la-tua-punteggiatura/
- Il quarto assioma: https://www.cm-consulenza.com/blog/2020/09/25/che-cose-quella-faccia/
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