Avete presente quei momenti in cui l’interlocutore si aspetta una risposta, un’affermazione, un cenno di assenso (o di dissenso) e ci si trova completamente persi, incapaci di formulare una qualunque frase che abbia un minimo di senso, vittime del drammatico pensiero: “boh! E adesso che cosa dico? Che faccio?”
A me capita, a volte, quando devo confrontarmi con la professione del “commercialista”.
Nella mia ormai lunga carriera di libero professionista ho avuto modo di costruire una serie di competenze e conoscenze adeguate a gestire la parte fiscale ed amministrativa, districandomi tra fatture, pagamenti ed adempimenti vari. Ma tutto ciò non è “la mia tazza di te”, come direbbero gli inglesi, e, mantenere attenzione ed aggiornamento adeguati su questi temi, mi costa un certo grado di fatica. Inoltre, quando ci si addentra in un livello di dettaglio e complessità maggiori, a volte arranco e guardo con sguardo vuoto ed espressione indecifrabile la mia attuale “commercialista” che sta disperatamente cercando di farsi capire da me.
In quei momenti mi sembra di tornare studente, quando, in ossequio a “Sua Eccellenza Murphy”, venivo interpellato sull’unica pagina delle mille che non avevo considerato e non sapevo cosa fare o cosa dire: l’unica cosa che mi usciva dalla bocca era il jolly “Prof. mi giustifico!”
Ad interrompere questo “flusso di pensieri” arriva la domanda potente della “commercialista”: “Marco, ti sei perso vero?”. Al mio cenno di assenso e gratitudine, segue da parte sua un “ok, andiamo a berci un caffè e poi ne parliamo!”. Tornati sul pezzo, la nebbia solitamente si dirada e tutto diventa chiaro, per la soddisfazione di entrambi.
Vista così sembra facile, vero?
In realtà, la capacità di raccogliere i “segnali deboli” dell’interlocutore, “mappare” il suo stato d’animo e, senza alcuna forma di giudizio, gestire l’impasse e riformulare il contenuto del messaggio sono una serie di competenze relazionali per nulla banali e non sempre agite al meglio. Questa “attenzione indirizzata” assume un’importanza strategica, ad esempio, proprio quando una “professione complessa” deve trasferire contenuti e invitare l’interlocutore ad effettuare una scelta relativa a comportamenti ed azioni da intraprendere.
Già, ma quali sono queste “professioni complesse”? I commercialisti? Certo! Ma non solo, ovviamente. In realtà tutti noi siamo chiamati a questo tipo di consapevolezza: le professioni di ciascuno sono “a rischio di complessità” per l’altro. Il medico che deve spiegarci bene come assumere un farmaco, il meccanico che ci spiega l’intervento da fare sulla nostra automobile, il consulente che utilizza tecnicismi e gergalità e così via.
Ogni volta che la mia “commercialista” si ferma, mi sorride e riprende la spiegazione fino a quando è certa che tutto mi sia chiaro, in maniera, forse, inconsapevole, riesce ad aiutarmi. Grazie a questa sensibilità mi consente, infatti, di superare quel senso di inadeguatezza e di mortificazione legato all’incomprensione e riesce a prevenire qualunque tipo di disagio o fastidio che si sarebbe potuto generare. Sono queste piccole grandi attenzioni, Piccole Grandi Magie, che denotano il grande rispetto e lo spessore umano della persona, oltre che del professionista.
Se ci pensiamo, al netto delle opportune eccezioni, la responsabilità dell’informazione è (quasi) sempre di chi la fornisce e (quasi) mai di chi la riceve.
Il bisogno di essere aiutati da un professionista nasce proprio dalla mancanza di conoscenze e delle competenze tecniche necessarie, ma anche dall’insicurezza che queste mancanze potrebbero generare. Se il professionista si sottrae al compito di guidare il proprio cliente nella “selva oscura” dell’inadeguatezza o dell’insicurezza, potrebbe non essere in grado di aiutarlo a gestire il problema, contribuendo così ad aumentare il senso di inefficacia e i potenziali errori che il cliente potrebbe commettere. A tutto questo si potrebbe aggiungere quella sgradevole sensazione di non essersi messi “nelle mani giuste”.
Tutti noi dovremmo tenere ben presente che a volte abbiamo di fronte persone straordinariamente competenti su molti temi e allo stesso tempo, magari, molto deboli e vulnerabili su quanto stiamo a loro comunicando. Le attenzioni e la sensibilità della mia “commercialista”, e di tutti quelli che come lei accompagnano il cliente verso una maggiore comprensione con disponibilità, pazienza e leggerezza di toni, sono il valore aggiunto che possiamo dare alle nostre “professioni complesse”, quelle Piccole Magie Quotidiane che ci fa piacere ricevere e che con altrettanto piacere dovremmo donare all’altro.
E tu, quante PMQ hai trovato nella relazione con le “professioni complesse” degli altri? Momenti che ti hanno permesso di scoprire in loro delle Piccole Magie Quotidiane e che ti hanno aiutato a fare tua un’informazione che all’inizio sembrava incomprensibile? Raccontaci la tua esperienza, scrivila nei commenti o a info@cm-consulenza.com, ci faremo carico di trasformarla in una PMQ, affinché la tua storia, che proteggeremo garantendoti la massima riservatezza e tutela della privacy, possa diventare uno strumento utile per tutti.
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