Era un periodo difficile, molto difficile. Il ruolo e le responsabilità che avevo in quel team di lavoro mi richiedevano di gestire una situazione di estrema delicatezza e con tante incertezze per il futuro: con nessuno, ad eccezione del mio diretto superiore, potevo condividere le informazioni e soprattutto il peso delle decisioni che avrei dovuto prendere. Cercavo di non far trasparire niente di tutto questo con i miei colleghi e collaboratori, mantenendo elevata l’attenzione e la disponibilità verso di loro. Ma per quanto pensassi di farcela, evidentemente non ero poi un libro così chiuso.
Con un’espressione sul viso che raccontava molto di questi tormenti, un pomeriggio scesi le scale per raggiungere l’area ristoro per una pausa caffè che pregustavo solitaria. Poco dopo arrivarono alcuni membri del mio team che mi “obbligarono” ad offrire loro il caffè. Non mi chiesero nulla, a parte il caffè. Non mi dissero nulla. Eppure, sentivano che qualcosa non andava e di domande ne avrebbero volute fare. D’un tratto e del tutto a sorpresa, sapendo che mi avrebbe fatto piacere, mi coinvolsero in una breve esibizione “live a cappella” di una canzone della mia band preferita. Poco dopo, ringraziandomi per il caffè, mi dissero: “Ora torna in ufficio e cambia quella faccia: non ci piaci così!”.
Salendo le scale la mia faccia forse non era poi così cambiata. Un sorriso, però, me lo avevano strappato. Nel cuore sentivo di avere un peso in meno e al mio fianco delle persone in gamba.
La cosa davvero sorprendente di ciò che mi è capitato e che oggi chiamo “caffè solidali” è che, più ripensavo a quel momento, più mi accorgevo che il mio passato e il mio presente sono ricchi di situazioni analoghe: momenti difficili resi più leggeri e sopportabili grazie a sguardi, gesti e sorrisi scambiati che contribuiscono a rendere migliore una giornata. Magari sono piccoli momenti, se paragonati alle difficoltà che percepiamo, ma sono quegli attimi che ci fanno stare bene e che se portati con noi e fatti riaffiorare ogni tanto, rendono più piacevole il nostro quotidiano.
La pausa caffè è diventata per me uno strumento relazionale: la suggerisco e la incoraggio ovunque. È una delle mie occasioni preferite di indagine in cui scovare quei momenti che mi piace chiamare PMQ – Piccole Magie Quotidiane.
E tu? Ti è mai capitato di bere un “caffè solidale”?
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Tante Piccole Magie Quotidiane raccontate e rese patrimonio comune potranno così trasformarsi in un volano di positività che si autoalimenta, cresce e può diventare un aiuto per tutti.
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